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134 LA GERUSALEMME

XX.


     Vinca egli, o perda omai; fu vincitore
Sin da quel dì ch’emulo tuo divenne.
Che dirà il mondo? (e ciò fia sommo onore)
156Questi già con Gernando in gara venne.
Poteva a te recar gloria e splendore
Il nobil grado, che Dudon pria tenne:
Ma già non meno esso da te n’attese;
160Costui scemò suo pregio allor che ’l chiese.

XXI.


     E se, poich’altri più non parla o spira,
De’ nostri affari alcuna cosa sente;
Come credi che in Ciel, di nobil’ira,
164Il buon vecchio Dudon si mostri ardente?
Mentre in questo superbo i lumi gira,
Ed al suo temerario ardir pon mente;
Che seco ancor, l’età sprezzando e ’l merto,
168Fanciullo osa agguagliarsi ed inesperto.

XXII.


     E l’osa pure, e ’l tenta, e ne riporta
In vece di castigo onor e laude:
E v’è chi ne ’l consiglia, e ne l’esorta,
172(O vergogna comune!) e chi gli applaude.
Ma se Goffredo il vede, e gli comporta
Che di ciò ch’a te dessi, egli ti fraude;
No ’l soffrir tu; nè già soffrir lo dei,
176Ma ciò che puoi dimostra, e ciò che sei.