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124 LA GERUSALEMME

XCII.


     Ma mentre dolce parla, e dolce ride,
E di doppia dolcezza inebria i sensi;
Quasi dal petto lor l’alma divide,
732Non prima usata a quei diletti immensi.
Ahi crudo Amor, ch’egualmente n’ancide
L’assenzio e ’l mel, che tu fra noi dispensi:
E d’ogni tempo egualmente mortali
736Vengon da te le medicine e i mali.

XCIII.


     Fra sì contrarie tempre, in ghiaccio e in foco,
In riso e in pianto, e fra paura e spene,
Inforsa ognun suo stato; e di lor gioco,
740L’ingannatrice donna, a prender viene.
E s’alcun mai con suon tremante e fioco
Osa, parlando, d’accennar sue pene;
Finge, quasi in amor rozza e inesperta,
744Non veder l’alma ne’ suoi detti aperta.

XCIV.


     O pur le luci vergognose e chine
Tenendo, d’onestà s’orna e colora;
Sicchè viene a celar le fresche brine
748Sotto le rose, onde il bel viso infiora.
Qual nell’ore più fresche e mattutine
Del primo nascer suo veggiam l’aurora;
E ’l rossor dello sdegno insieme n’esce
752Con la vergogna, e si confonde e mesce.