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122 | LA GERUSALEMME |
LXXXVI.
Quinci vedendo che furtuna arriso
Al gran principio di sue frodi avea,
Prima che ’l suo pensier le sia preciso,
684Dispon di trarre al fine opra sì rea;
E far con gli atti dolci, e col bel viso,
Più che con l’arti lor Circe o Medea;
E in voce di Sirena, ai suoi concenti
688Addormentar le più svegliate menti.
LXXXVII.
Usa ogni arte la donna, onde sia colto
Nella sua rete alcun novello amante:
Nè con tutti, nè sempre un stesso volto
692Serba; ma cangia a tempo atti e sembiante.
Or tien pudíca il guardo in se raccolto;
Or lo rivolge cupido e vagante.
La sferza in quegli, il freno adopra in questi,
696Come lor vede in amar lenti o presti.
LXXXVIII.
Se scorge alcun che dal suo amor ritiri
L’alma, e i pensier per diffidenza affrene;
Gli apre un benigno riso, e in dolci giri
700Volge le luci in lui liete e serene:
E così i pigri e timidi desiri
Sprona, ed affida la dubbiosa spene:
Ed infiammando le amorose voglie,
704Sgombra quel gel che la paura accoglie.