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Lussureggiante e senza fren, la falce
Tentar severo, ma legger con l’unghie,
Quà e là scegliendo, le soverchie foglie
Sterpar ti basti, e del nemico acciaro
565Risparmia a lei l’intempestivo oltraggio.
Ma quando poi da le radici adulte
Cresce a l’olmo abbracciata, allor la folta
Chioma ne afferra, e i pampini recidi
Senza riguardo, e de i diffusi rami
570Rintuzza, e scema l’infecondo orgoglio.

     La vigna inoltre circondar di siepi,
E armenti e gregge allontanarne è d’uopo,
Singolarmente poi fin ch’è la vite
Tenera ancora, e il più leggero insulto
575Non avvezza a soffrir; chè oltre gli estivi
Soli, e il gelo invernale, i buoi silvestri
Recanle oltraggio, e le seguaci capre,
E le pecore, e l’avide giovenche;
Anzi nè l’aspro gel, nè il sol cocente
580Tanto a lei nuoceran, quanto del gregge
Il velenoso dente, e la deforme
Nel roso tronco cicatrice impressa.

     Nè per altro delitto il capro a Bacco
Svenasi in ogni altar, e premio posto