Rigetta il fiotto, e dentro ai fiumi ignoti
Corron le foche a ricovrarsi: invano
Nel suo covil la vipera s’appiatta, 850E l’irte squame attonito drizzando
Spira il serpente; velenosa è pure
L’aria a gli augelli, e a mezzo vol cadendo
Sotto le nubi lasciano la vita.
Nulla giova il mutar pascoli, e spesso 855Nuoce i rimedi usar: cedono vinti
Il figliuol d’Amitäone e Chirone,
Mäestri invano de la medic’arte.
La pallida Tisifone, da l’ombre
Stigie mandata ad infettare il giorno, 860Incrudelisce, e innanzi a se cacciando,
Crudo corteggio, lo spavento e i morbi,
Ogni dì più l’avido capo estolle.
Al belar de la greggia, al mesto e spesso
Muggir de’ buoi tutti d’intorno i colli 865Suonano, e i fiumi, e le deserte rive.
Ampie cataste sovra i campi innalza
L’orrida furia, e ne le piene stalle
S’ammontano i cadaveri, stillanti
Putrida marcia; onde a scavar profonde 870Fosse appresero alfine, e interi corpi