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E ne la pioggia a i marinar di cappa.
500Nel giorno e per le selve, e su per l’erte
Cime de’ monti pasconsi le capre
D’alpestri dumi e di spinosi rubi,
E da se stesse poi memori a casa
Guidando i parti lor, tornan la sera,
505E de l’ovil co le ripiene poppe
Possono a stento sormontar la soglia.
Ma tu però, quanto minori in loro
Sono i bisogni de la vita, attento
Veglian dovrai, che dai nevosi venti
510Sien difese, e dal gelo, e finchè dura
De l’inverno il rigor, provvido tieni
Chiuse le stalle, ed il fenile aperto.
Ma quando poi de’ zefiretti il dolce
Fiato richiama la stagion migliore,
515E le capre e le pecore nei verdi
Boschi, e sui prati a pascolare invia;
E dal dischiuso ovil escan ne l’ora
Che spunta appena in ciel l’idalia stella,
E non ben chiaro è il dì, finchè biancheggia
520Il campo ancor de la notturna brina,
E grata al gregge tremolando brilla
Su l’erbe la freschissima rugiada.
A l’ora quarta poi che in lor la sete
Destasi, e i campi col noioso canto