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d’una signorina per bene 67

che non si sarebbe smarrita nell’isolamento doloroso in cui tutti la lasciavano, che non avrebbe cercato conforto in cose indegne di lei che era figlia di una santa; che avrebbe innalzati cuore e mente là ove ella era e guardava e benediva a la sua figliuola!...

«Te lo prometto, mamma! te lo prometto! — mormorò a mani giunte.

Uscì di camera con l’animo alleggerito, e al cane che le scodinzolava intorno festoso, fece segno che la precedesse per lo scalone.

Passò dinanzi a la camera del babbo, aperta. Vi entrò come faceva spesso, per vedere se tutto era in ordine.

Su la piccola scrivania, messa d’angolo, fra due finestre, vide, per la prima volta, in ricca cornice, la fotografia della signora Rabbi, in toeletta di ballo. Sussultò: un livido guizzo di gelosia per sè e per la mamma morta, le alterò l’anima. Ma fu un attimo. Ritornò tosto in pace con sè, con tutti! Poi che aveva dimenticato la soave compagna della sua giovinezza, la madre della sua unica figliuola, il suo papà aveva diritto di riammogliarsi quando e con chi voleva.