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d’una signorina per bene | 137 |
diva nella luce smorta del mattino, quando ella si svegliò.
Un gallo buttò il suo canto nell’aria; un altro gli rispose a distanza; fu in breve un concerto di voci rauche e acute e nell’immensa vôlta del cielo, che andava insensibilmente biancheggiando, le stelle illanguidivano e sparivano.
Gli uccelli cominciarono a pipillare, poi a chiamarsi con pigolii, in fine a volare fra le piante e gli scogli con garriti e trilli e gorgheggi.
Dalla finestra di fianco al suo letto, Lucia stette a vedere le nuvole rosee che gettavano su ’l mare una luce fantastica, finchè, lentamente, il sole, sfolgorante, grandioso, illuminò maestosamente il mare, i monti, in distanza; ogni cosa.
Lucia si alzò; si vestì e pensò che l’Autore di tanto cose sublimi, non avrebbe potuto permettere che nel suo cuore fosse spenta ogni luce di speranza.
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Zia Marta, nelle sue lettere piagnucolava. Aveva dovuto abbandonare il villino; s’era ridotta a vivere