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scrittori, così come fu atterrato dall’asta dei barbari, e come essi restaurarono tra noi la vigoria che era spenta (pur tuttavia ritenendone per uso proprio la miglior parte) così anche vuolsi che a noi dessero la scienza e l’ingegno, l’istituzioni e ogni cosa.»
Un’altra setta adesso è seconda; fu prima e potentissima quando Napoleone domava i popoli, e lui trionfatore pingevano l’Appiani ed il David, lui scolpiva il Canova. Dai Gerofanti di questa setta s’ode bandire che non v’è altra arte fuor dell’arte greca, e che il secolo di Pericle è il sommo dell’arte. Seguaci del Mengs, del Reynolds, del Winckelmann, dello Azara ricordano come le accademie fossero rinnovate per attuare ed insegnare le dottrine professate da loro, e come a queste dottrine si debba il risorgimento dell’arte incominciatasi sul finire del secolo passato.
Ma sebbene sia vero che molto debba loro l’Arte (più ancora dovendo ai tempi concitati), pure stanno fitti ed immobili come il lor Dio Termine. Guardano con occhio di commiserazione chi si toglie a suggetto, o chi commette argomenti che non sieno mitologie od allegorie; chi pingendo colorisce altro che non sia statue greche, scolpendo scolpisce in modo diverso dai greci; edificando, e l’edifizio debba pur servire agli usi ed ai bisogni della civiltà presente, si scosta dalle architetture dei templi di Pesto, e del Partenone e dei Propilei.
Gli alunni loro sudar debbono anni ed anni ricopiando le sacre imagini di Giove Tonante e della sua corte bizzarra, e poco modesta, e per nulla onesta. I modelli vivi proposti allo studio dei giovani devono esser atteggiati per guisa da parere statue antiche; la vita ed il moto debbonsi trarre dal manechino. La natura poi, come il Signore