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quand’egli incalzato dalla tremenda necessità di giungere colla spada e colla vittoria alla signoria della terra, scosse gli antichi troni d’Europa senza che nulla potesse arrestarlo, né la lega di tutte 1e monarchie, né l’Inghilterra, esaurente contro di lui la sua ricchezza e l’odio suo, né le passioni scatenate su tutta la superficie del globo.

Ma se l’arte della pittura colla semplice espressione del fatto può destare in chi mira tutti questi pensieri, quella del poeta debbe soccombere a fronte d’una realtà, superiore a qualunque poesia. Imperocché, se togliamo Alessandro Manzoni, che nel canto più sublime del nostro secolo, si è levato all’altezza dell’argomento, né Giorgio Byron, né Alfonso La-Martine, né Victor Hugo, senza parlar de’ minori, seppero evitarne lo scoglio.

Pure è tale e tanta la maraviglia, la quale dalla presente passerà nelle future generazioni, che l’animo riscaldato dalla poesia, non atterrito né dal subbietto, né dalla caduta de’ molti che lo trattarono, vorrà provarvi le sue potenze. E prima ancora che il tempo getti sopra quell’uomo il suo velo misterioso, l’esimio poeta alemanno, Giuseppe Cristiano di Zedlitz, ha forse

combattuta la nostra opinione in un canto che pubblicò nell’anno 1828 a Vienna col nome di Corone funebri. E ne piace tradurre ai nostri lettori quei versi che volge il poeta alla tomba di Napoleone, nella speranza elle fac-ciano essi dimenticare il fastidio delle nostre parole.