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da tutte parti piovono gli avventori a due, a quattro, in brigatelle di intere famiglie colle donne lattanti e i bimbi in collo, tutti colla faccia spianata a giocondità, con un certo fare tra il benigno ed il mansueto che accenna al gran pensiero di tanti, anche illustri mortali, goder senza spendere. Giurereste che que’visi sereni troveranno un’ambrosia il vino che verrà lor regalato: domani poi, quando comincieranno a pagarlo, allora li sapranno rimuginar fuori i difetti. Nè più nè meno come in certe accademie vocali ed istrumentali ove, se il padrone v’invita al rinfresco, non bastano mani per applaudire, nè voce per gridare bravo: ma se poi quegli stessi dilettanti facessero pagare un tanto per testa, lo sentireste allora il benigno pubblico se saprebbe martellare quegli sgraziati.
Il Bosa nel dipingerci una tale costumanza, non di-menticò nessuna di quelle circostanze che la possono rendere non solo vera, ma tutta veneta; sicchè al primo vederla tu esclami — Oh eccomi nella pittoresca Città che nel mondo non ha l’uguale. — La scena presenta una di quelle piazze veneziane che si dicono Campi. Non potresti affermare che quello sia sito vero, ma certo ogni linea ti ricorda Venezia e ti offre quel bizzarro accozzamento di antico e di moderno che la fa così singolare. Fra le logore muraglie di antico palazzo del medio evo s’apre una porta, che agli avanzi dell’arco diagonale riconosci per una di quelle che davano ricetto ai potenti delle età in cui Venezia solcava i mari, temuta regina. Il tempo e la negligenza degli uomini ne guastarono la primitiva magnificenza, e quando gli stipiti caddero e la soglia spezzossi, si racconciarono le rovine secondo i miseri mezzi dei nuovi inquilini;