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atore, è tra questi, ed è mirabile come l’amore dell’arte l’abbia tenuto sempre su la buona via. Noi lo veggiamo, senza mai dar nel mestiere, disimpegnare lodevolmente le molte commissioni che gli piovono d’ogni parte, e così abbellire di graziose vignette, parecchie opere del giorno.

Ne’ momenti d’ozio egli si applica alla pittura in grande, per la quale ha decisa vocazione. La nuova Società, provvidamente tra noi istituita a incoraggiamento delle arti belle, toglierà parecchi de’ valenti artisti da occupazioni, se non indegne, poco però proporzionate al loro merito, e li ecciterà a far mostra di sé sopra un campo più vasto. E codesta benemerita Società ha voluto appunto incoraggiare il Focosi col far acquisto del bel dipinto di cui stiamo per parlare. Sopra una tela di discreta dimensione, il Focosi ci dipinge un’aggressione. La scena è nelle Calabrie. Nel fondo appare la carrozza rovesciata e il cocchiere steso al suolo poco lungi dai cavalli in iscompiglio. Un drappello d’armati sta per accorrere in soccorso. Uno dei malandrini fa la guardia perché nessuno dalla via lo frastorni nel reo attentato.

Dall’altro canto l’iniquo suo compagno percuote barbaramente l’assalito, mentre una gentil fanciulla, maestrevolmente disegnata, s’appiatta nel tronco d’un albero. Combattuta da speranza e timore, l’infelice rivolge una preghiera al cielo perché voglia liberar lei e il padre dal grave pericolo. Dagli occhi di quell’amorosa figliola quanta pietà non traspare mista a sincero affetto!

La diresti un angiolo che prega. Nelle mosse, nel colorito, nel disegno segnatamente, il Focosi fa prova di vera maestria, e giova sperare che consacrandosi di proposito a lavori di lena, egli raggiungerà maggior perfezione e presto gareggerà co’ migliori. Quanto ha