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Due sole figure ci sono dipinte, ma pur tali che richiamano l’occhio e commovon l’animo del riguardante al pari d’ogni più ben popolata e colorita tragedia. Sono, s’io m’appongo, fratello e sorella, che al mare cercarono scampo dal mare. La giovinetta,
maggiore d’età del garzoncello, alla stanchezza delle delicate membra e all’espressione ansiosa del volto, mostra che facesse ogni forza per trar seco a salvamento sulla punta d’uno scoglio il caro compagno; ma pur non salvò che un corpo già spento dalle acque spietate, benché il pittore abbia con dotto artifizio tolte in esso alla morte le sue più fiere sembianze, e datole, più che altro, somiglianza d’un tranquillissimo sonno, siccome accader veggiamo in chi muore annegato. Posa il ben tornito putto la testa in grembo alla sorella, e i capelli riversi e grondanti, le vesti tutte ancor molli e scomposte, e le onde che da ogni lato il circondano abbastanza ci dicon per qual forza egli uscisse di vita. La donzelletta, già cresciuta a quegli anni in cui si rivelano i misteri della vita e della morte, in cui oramai rincresce il morire, siede tutta ravvolta ne’ suoi panni, contemplandolo in atto sì doloroso, che ben duro è di cuore chi non s’attrista con essa. E sì intenta è nella diletta salma, quasi a spiarne ancora qualche orma e senso di vita, che non s’avvede, la misera, come l’elemento a cui entrambi fuggivano, è già presso a ingoiarla insieme con l’ultim suolo che ancor la sostiene. Veramente sublime, è l’espressione di questa verginetta e del suo dolore! In lontano è figurato un monte altissimo che ancor torreggia con la sua cima sopra le acque diluviali, e io penso che sia l’Ararat, dove posò l’Arca di Noè e donde poi egli scese a riseminar d’uomini e