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di castagna le ciglia e i capelli, questi con più nerezza e cadenti alle spalle. Della ilarità schietta che in vita ne abbelliva i lineamenti non ha il moribondo che scarsi vestigi; ma chi sa com’ei fosse marito e padre per affetto non meno che per magnanimità cittadino e soldato, e studia le tracce del nobile spirito dateci a contemplare fra le angosce dell’estrema agonia, può agevolmente presumere anche quest’unica parte, che alla pittura non concedevasi di perpetuare.

La vedova illustre affissandosi in questa tela riscontrerebbe, ben credo, con doloroso compiacimento ciò che la immaginazione aiutata dall’amore dee averle più d’una volta mostrato: tale dovettero pensar Marco Bozzari moribondo i greci adunati in Missolungi quando l’arcivescovo Porfirio ne celebrava l’esequie.

Quanti poi d’ogni tempo e d’ogni contraria riguarderanno l’espressiva pittura, dopo il primo tocco dell’ammirazione compunta, per poco non sentirannosi indotti a far indugio a que’ due pietosi che stanno per rilevare il ferito e condurlo a morire in luogo più degno.

Degno luogo a mezzo il cammino da Carpenizzi a Missolungi attendeva l’ultimo respiro dell’eroe: la fonte di Cefalorisso, là dove un anno prima pronunziarono i suoi il terribile giuramento ch’ei primo e sovra ogni altro mantenne e rese immortale. Chi torrebbe di farsi spettatore di quest’ultima scena? Sien grazie al Lipparini, che la volle da noi presentita e non vista; e ci sublimò col ritrarre un resto di vita che in sé raccoglie gli effetti e la certa prova di molta e segnalata virtù.

L. Carrer