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oggetti, ma la rappresentazione loro non avrebbe avuto che assai poca importanza, rispetto a quella che ottennero dalla memoria di tante mirabili imprese. Nulla di poi poté avervi d’indifferente negli usi e negli aspetti della famosa contrada; ogni casacca si pensò aver coperto un eroe; ogni barca trafugato una vedova, ogni arbore, ogni pietra portar un nome o una data, da non esser letti senz’ammirazione e pietà.

Il professore Ludovico Lipparini è quello tra’ pittori che più lodatamente e più, spesso prendesse a soggetto de’ propri dipinti gli uomini e i fatti della Grecia moderna; né v’ha cultore o dilettante dell’arte da lui praticata, cui non sian noti, tra gli altri, il greco solitario meditante lungo il mare i futuri destini della sua patria, e il giuramento tra le rupi di Calavrita, da cui l’età non escluse vecchi e fanciulli, il pacifico ministero i sacerdoti, la natural delicatezza le donne. Ora un nuovo dipinto di tal genere ci viene offerto dall’egregio artista. Ciò che agitavasi nell’anima pensierosa del greco, ciò che promisero que’ magnanimi in Calavrita, fu messo ad effetto. L’impresa incominciata con tanto coraggio, continuata con tanti sagrifizi, può dirsi compiuta; le sventure tardando la vittoria la mobiliteranno, non potranno rapirla. Siamo non lungi da Carpenizzi, e l’eroe circondato da pietà sì profonda è il Leonida della Grecia moderna, Marco Bozzari.

Nol raffiguravate anche prima di udirne il nome?

Mentirono è vero i ritratti che di lui vennero in luce finora; ma chi altri che Marco Bozzari muore in tal guisa? Quel pallore mortale sì, e pur sereno; quello sguardo, che volto al cielo, non mostra disperare della vittoria del suo popolo, ma dolersi di non sopravvivere