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Dunque a te vegna il mio presente accetto.

     Chè largo donator mi fu il Signore:
     Egli la mia ricchezza ha benedetto,
     E m’ho di tutto. — D’Esaù nel core
     Parlò quell’umil voce; e sì l’eletto
     Dono egli tenne del fraterno amore.
     E poi disse: Partiam, n’andiamo omai;
     Me tuo compagno nel cammino avrai. —
E lui Giacobbe: — Il mio signor ben vede
     Che i miei figli mal reggono alla via;
     Le giovenche ho pregnanti, e a lento piede
     Cammina dietro a me la greggia mia.
     Se ad essa di posar non si concede,
     Tutta morta in un dì forse saría:
     Il mio signor deh mi preceda; e i lassi
     Armenti io condurrò dietro a suoi passi.
Così co’miei figliuoli andrò pian piano
     Finché in Seïr m’accoglia il signor mio. —
     Almen resti una parte al mio germano
     Del popolo guerrier che meco uscio —
     Perchè mai? ripigliò: Pietoso, umano
     Mi desti il tuo favor; pago son’io! —
     Ed allora Esaù, lo stesso giorno
     Fece a Seïr per la sua via ritorno.
E Giacobbe partì colle sue genti;
     Poi di Sucóte alla contrada scese.
     Qui tenne a breve stanza, ed agli armenti
     Erse capanne e tende ampie distese.
     I suoi pastori qui sedean contenti,
     Ne’riposati alberghi, al bel paese.
     E da quel tempo la contrada bella

     Con nome amico Padiglion s’appella.