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le speranze più consolate? E quanto non si presta da ogni industria dell’arte la casta bellezza della Vergine di Nazaret, ove in ispecie ella sia effigiata con in grembo il divin Pargoletto? Non è certo chi non sia tocco nel profondo da quelle Madonne del quattrocento, in cui si vede proprio espresso il pio entusiasmo dei divoti artisti che le condussero; non è chi non rimpianga, che i più tra i posteriori artisti non abbiano saputo o voluto, scortandosi dal far secco di que’ primi, la schietta grazia serbarne il delicato studio dell’espressione.

V’ha chi pensa essere ciò stato un privilegio di quelle età di più robusta fede non concesso alle successive; altri ne fanno il carattere proprio di quell’arte che dicono cristiana, la quale, nata di que’ giorni e serbatasi lungamente in fiore, sarebbe stata a loro avviso pervertita e spenta dalle classiche imitazioni. Ma pare che si possa tenere diversa sentenza, ove si ponga mente che in ogni tempo vennero a capo di ben ritrarre il tipo della Madonna quegli artisti, i quali prevalsero appunto nello studio dell’espressione. Di ciò ponno dar fede, con quasi tutti i lombardi nostri (Carlin Dolce e il Sassoferrato) e l’Allegri e molt’altri sino all’Appiani, del quale è in Milano nella casa d’illustre Magistrato tale una Vergine Addolorata, di cui non si saprebbe trovar cosa più delicata, più modesta, più divota. E ne dà fede senza più questa tela di Francesco Podesti, pittore quant’altri mai tenero del classico stile, ma studiosissimo a un tratto dell’espressione, nella quale s’accoppia all’ingenuo carattere de’ quattrocentisti la correzione e il tocco libero delle scuole migliori.

Siede la Vergine in luogo aperto con in grembo il divino infante: a sinistra ha un cespuglio e ruderi di