Disse, e mandava il fior delle sue tante
Greggie al fratello, perchè a lui perdoni:
Dugento capre e pecore altrettante
Venti arïéti, e a par venti montoni;
Trenta cammelle in un con la lattante
Lor prole, e dietro a questi eletti doni
Mandava ancor giovenche e tauri molti,
E somieri e puledri insiem raccolti.
E quelle torme a’servi suoi commise,
Dicendo a lor: Dinanzi a me n’andate:
D’alcun tratto fra lor così divise
L’una appo l’altra ad Esaù guidate. —
E al primo che movea: Quando tu avvise
Venir da lunge le sue turbe armate,
A rincontrarlo vanne; e dov’ei chieggia
Di chi sei, dove vai con questa greggia:
Del tuo servo Giacobbe io sono, e vegno
In suo nome, rispondi, a te d’appresso:
Egli a te manda d’onoranza in segno
Questi doni, che offrirti è a me concesso;
E, se di grazia al tuo cospetto è degno,
Sull’orme nostre già ne viene ei stesso.”
E agli altri servi, che partìan dappoi
Così del paro indisse i cenni suoi.
Mandati i doni, egli sostava in quelle
Piagge per tutto il dì, nel campo ov’era.
Venne la notte, e al lume delle stelle
Uscito di nascoso alla riviera,
Seco menò le mogli con le ancelle,
Gli undici figli e la restante schiera.
Poi guadò il fiume, ov’era cheta l’onda,
E trasse tutti i suoi sull’altra sponda. |