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sofia che può dirsi la cuccagna di tre quarti del genere umano. Ma quegli poneva il piacere a scopo d’ogni nostro desiderio; il signor Manfredini invece pone gli onori, le ricchezze, la gloria in cima al suo albero, e non li eleva neppur tanto dal suolo che uno non possa coglierli spiccando un leggier salto. Di più il suo albero è liscio e piano, e non oppone ostacoli a chi ne tenta la salita, fuorché una tal qual levigatura che lo rende scivolante sotto la mano; il che verrebbe a significare, che il peggio che possa accaderci nella vita sarìa quello di ricadere donde siamo partiti senza averne un male al mondo. Credo anzi che all’ingiro dell’albero sia un tappeto di verzura, sul quale, pur cadendo colle gambe all’aria, non si possano toccare né ammaccature, né percosse.
A dir vero chi guardasse quest’albero e questi bimbi che gli fanno pressa intorno, avrebbe di che rimaner consolato, e sarebbe costretto ad esclamare, che tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili.
Lascio giudicare ai lettori, se le cose camminino proprio così lisce nel mondo, come ce le figura questo gruppo, e se per toccar l’apice dell’industria, delle arti e delle lettere si salga sopra un albero senza tronchi e senza spine, amorevolmente ajutato dalle spalle de’ proprj confratelli.
I nostri lettori si ricorderanno al certo di que’ capponi che il buon Renzo portava al dottore Azzecca- Garbugli, e che, legati insieme pei piedi, malmenati e scossi dall’arrabbiato contadino, invece di ajutarsi e farsi puntello a vicenda per avere il minor male possibile da quelle scosse, si aizzavano e si beccavano tra loro con istizza. Quei capponi sono l’immagine perfetta dell’umana società. Per rappresentare gli uomini, che si affaticano intorno all’albero della vita,