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re non è tanto istruire, quanto dilettare e commuovere, e a lui va lasciata la scelta dei mezzi conducenti a tal fine. A questo modo io intendo la libertà ch’Orazio ha fatta a’ pittori e a’ poeti.
Certo è vero che nelle sacre carte non leggesi che Nabuccodonosorre nella lunga guerra ch’ei mosse a quell’infedele vassallo di Sedecia, entrasse mai in Gerusalemme.
E’ sconfisse il re ribelle a Reblata, a Reblata Nabuzardan, principe dei suoi eserciti, come la Scrittura lo chiama, trasse i sacerdoti e i principali del popolo, i vasi e le ricchezze del tempio, e quivi fu commessa la strage di Giuda. Il Giacomelli, anzi che il fatto in sé stesso, volle rappresentarlo nelle ultime sue conseguenze, e lo trasportò con la sua tela in Gerosolima; né si dee dargliene maggior cagione, che a tutti i poeti che trattarono l’eguale argomento ed allo stesso storico Arquetil, il quale dice propriamente che il re degli Assiri occupò la santa città, poiché in effetto la occupò con le armi del suo generale.
Il Giacomelli interpretò la storia, e seguì la versione che più tornava al concetto dell’arte. E nel vero tanto la miseria è più pietosa, quanto di più alto luogo è la caduta.
Il pittore lo seppe, e per questo a ottenere maggiore l’effetto della compassione immaginò al fatto una magnifica scena. L’animo naturalmente si commuove al pensiero, che quella città ch’or sì bella e lieta in vista ti si stende dinanzi; quelle colonne, quelle guglie, que’ grandiosi e nobili monumenti, ch’or la fanno sì altera, dovranno ceder tra poco all’ira del vincitor inclemente, andranno a terra arse e distrutte, rimarran vuote d’abitatori le strade e Giuda sarà tolto alla stia terra!