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Ma tuttavia questo non è il solo pregio del gruppo del Puttinati: l’esecuzione non è in lui minore del concetto.
L’aria dei volti, la quiete delle pose, la semplicità e la fluidità dei panni, la castigatezza del disegno e soprattutto la verità dell’espressione gli procacciano somma lode anche dal lato puramente artistico. I più arguti osservatori potranno trovar qualche menda, o nella mano sinistra del garzone che sostiene il fianco della fanciulla, o in qualch’altra parte meno appariscente del gruppo: ma la bella composizione, e quel non so che di soavemente tranquillo che spira da quella scena, fanno dimenticare, quando pur vi siano, questi lievi difetti. Si direbbe che l’aria non osi scherzare intorno a quei volti, che non osi turbare quell’estasi innocente, onde son comprese quelle due anime. Nei loro atti havvi un tale abbandono, una tale dimenticanza di sé medesimi, che rallegra il cuore e lo esalta. Ben fuvvi chi disse fredda l’espressione della fanciulla, e notò anzi certa qual severità di linee sul suo viso. Ma quest’accusa cade pressoché interamente, quando si pensi a quel suo affetto così ingenuo e quasi infantile, affetto che per la natura sua misteriosa doveva portare ad una cotal mestizia indefinita. Né fredda può dirsi certamente l’espressione del giovinetto, nella cui persona mollemente abbandonata vedesi lo sfinimento d’una ignota dolcezza, sfinimento che trapela pur dallo sguardo immobile e pieno d’un arcano desiderio. Del resto chi cercasse in questo gruppo l’esaltamento amoroso di Paolo e della Francesca da Rimini, andrebbe errato di gran lunga. Qui son due fanciulli che giuocano, e nei quali l’amore dorme inavvertito nel fondo del cuore. Se l’artista avesse posto sui loro volti la coscienza