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sinistra mollemente appoggiata al fianco della fanciulla, si chiamasse Paolo anziché Pietro o Giovanni, e avesse vissuto nell’isola di Francia, piuttosto che in un paesello de’ nostri campi? Che importava che quella fanciulla ingenuamente amorosa, ritta davanti al garzone in atto di accarezzargli i capegli disordinati, portasse il nome di Virginia, o qualsiasi altro nome, e fosse nativa delle colonie, anziché dell’Europa? Non c’era bisogno di risalire ad un tipo conosciuto, di rammentarsi un ideale consacrato da una lunga tradizione, per esser commossi da quell’affetto semplice e casto, che spirava da entrambe quelle statue.
L’ideale ciascuno l’aveva in sé. Per poco che fosse disceso nel fondo del cuore a ridestare tra le sopite memorie qualche remota dolcezza, avrebbe trovato un istante della vita, un solo forse, ma lieto e soave come quello rappresentato dall’artista; avrebbe ricordato qualche estasi giovanile, qualche vergine sentimento, che le ingrate cure della vita possono aver soffocato, ma che la fantasia si compiace ancora tratto tratto di vagheggiare. E l’anima sarebbesi sentita quasi ringiovanire davanti a quel gruppo, e l’immaginazione avrebbe compiuto il pensiero dell’artista, popolando il terreno di fiori e di verzura, e creando intorno a que’ due personaggi qualche ridente campagna consacrata da una cara ricordanza.
La moltitudine non ha d’uopo d’altro. Ch’ella riviva davanti all’opera dell’artista della sua medesima vita, ch’ella parta commossa o consolata de’ suoi propri dolori o delle sue speranze; soprattutto ch’ella rechi con sé un più elevato sentimento della propria natura.
Quei che han letto il racconto di Saint-Pierre avran veduto