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questa alleanza cessò: lo spirito umano sì mise sopra una nuova via, e l’arte invece sì concentrò, si ristrinse, e cercò in sé sola le proprie ispirazioni.
Questo valga in qualche parte a scusare il pubblico dell’indifferenza con che trae a visitare le Sale dell’Esposizione, non d’altro mosso che da un senso di curiosità. L’accusa di freddezza e di noncuranza, che si getta sul viso all’età nostra, è una vecchia canzone, fatta per accarezzare l’inerte orgoglio degl’impotenti.
Sotto la quieta superficie cova tuttora l’entusiasmo nella moltitudine, e chi l’ha veduta fremere davanti a qualche grande spettacolo della natura, chi la vede tuttodì commuoversi alle calde letture, alle inspirate declamazioni, ai molli o robusti concenti, non può dire che la vita materiale abbia soffocato in lei il sentimento.
Fate che l’arte le parli il linguaggio de’ suoi affetti e delle sue credenze, ed ella aprirà il cuore giubilando e applaudirà all’opera dell’artista.
Ed ecco perché i pochi e veri amatori dell’arte soffermavansi più volentieri e più a lungo davanti al gruppo del Puttinati, che ornava quest’anno le Sale dell’Esposizione. Non era un concetto astruso o simbolico, che avesse duopo d’una particolare spiegazione ad essere inteso; ma una scena semplice, mite, soave, di quelle che accadono ogni dì nella vita, e che si stampano di primo tratto nel cuore. Quand’anche nessuno avesse sussurrato all’orecchio de’ riguardanti il nome dei due personaggi componenti quel gruppo, il piacere da quello destato non sarebbe stato né men vivo ne meno istantaneo. Che importava allo spettatore, che quel garzone seduto in atto di stanchezza e d’abbandono colla destra mano cadente lungo la coscia, e colla