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mitologiche insieme colle pure inspirazioni del Cristianesimo, vediamo le Sibille dipinte a canto ai profeti nella cappella Sistina, vediamo le statue d’Apollo, di Diana, di Venere confuse insieme con quelle di Cristo e della Vergine. Il Tasso cantava la conquista del Santo Sepolcro, e descriveva ad un tempo i lascivi amori dell’Aminta; Michelangelo dipingeva il più tremendo dei Misteri del Cattolicismo, e dava agli uomini del suo Giudizio Universale le forme dell’Ercole antico.
Ma a poco a poco la reazione cessò. La letteratura assunse forme nazionali e s’identificò colle credenze e coi bisogni del popolo: la musica sorse espressione passionata dei sentimenti e degli affetti comuni; l’architettura cominciò ad accorgersi che lo stile degli edifizj greci non era il più acconcio alle anguste abitazioni attuali; la pittura stessa, esaurita l’inspirazione religiosa, si mise per un nuovo campo, per quello della storia. La sola scultura ostinossi nell’imitazione antica,
e seguitò a riprodurre gli Ajaci, gli Achilli e le Veneri, e quando pure ebbe a ritrarre personaggi contemporanei, non seppe togliersi dal nudo e dal greco paludamento.
Tuttavia, quando un’arte per le continue imitazioni e traduzioni del pensiero primitivo si è svigorita ed esausta, quando non soddisfa più né alle inspirazioni dell’artista né ai desiderj della moltitudine, è d’uopo che sorga per lei un’epoca di emancipazione e di rinnovamento.
L’ingegno ha bisogno di fede, siccome il popolo d’entusiasmo; e qual fede, qual entusiasmo può destare un concetto spento da’ secoli, e in piena contraddizione col sentimento attuale? Nella moltitudine, che trascina la vita sotto il peso degl’interessi