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occhi. Egli pose giù accanto al letto, senza dir motto, come facesse la cosa più naturale del mondo, un canestro con qualche provvigione, una bottiglia di vin vecchio, e un cartocetto che l’ammalata aperse con mano tremante, e nel quale trovò parecchie monete d’oro e d’argento.
Poi che fu un po’ cheto il tumulto de’ pensieri che d’improvviso l’avevano conturbata, essa chiamò per nome il suo vecchio servitore, il buon amico della sua fanciullezza; e allora il brav’uomo incominciò una litania di querele, compiangendo la sua povera padroncina ch’egli trovava in quell’estremo ed era cotanto degna di diventare una regina; rammentando i passati tempi e la defunta benefica sua padrona; e ripeteva i più lieti, i più fuggevoli avvenimenti de’ suoi giorni felici, che forzavano a piangere la infelice donna al solo sentirli ricordare; e non ristava, per quanto ella dicesse, dall’imprecare la maledizione di Dio sul capo dell’uomo che l’aveva condotta in fondo di ogni miseria.
Ma quando essa il pregò, lo scongiurò perché volesse almeno dirle da che mano le veniva quell’inopinato soccorso, il vecchio tentennò il capo, si pose l’indice a traverso le labbra e stette muto. L’addolorata donna sollevò gli occhi al cielo, e rimase a lungo pensosa; poi disse con voce rassegnata e fievole al buon servitore:
«Ripigliati pure ciò che portasti; io ti prometto che non toccherò nulla di tutto ciò dove non sappia a chi io debba codesto beneficio.» Il vecchio allora vedendola ricadere sfinita sul povero lettuccio: «Ah no!» proruppe: «Abbia un po’ di compassione di sé non voglia morire... E…»
poi stette intraddue alquanto, si batté col