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e che la fine del suo dolore non è lontana. Oh! il Signore l’ha di soverchio punita, perché, essa non ha più l’unica sua consolazione, il suo figliuolino; ma pure nella solitaria e inutile vita, nella lunga inedia de’ giorni e delle notti non ha perduta ancora quella vera, quell’unica virtù dell’anime povere e grandi, la rassegnazione. Ella sente che sua madre invoca per lei il Signore, e le dice che lo preghi di far più brevi le ore del suo patimento e di perdonarle il suo passato.
Ma talvolta ricade oppressa sotto il peso de’ pensieri della vita; e allora smette rifinita il lavoro che sebbene inferma aveva continuato, pone giù il tombolo del suo lento ricamo, va contando a uno a uno i molti e ricchi congiunti di che un dì era si frequente il palagio di suo padre; allora costoro andavano superbi del gran parentado; e poi l’abbandonarono sola e malata in quel bugigattolo, ov’essa andò a nascondere la povertà e il dolore. Nessuno ha cercato di lei, nessuno le disse da tanto tempo una sola parola d’amore e di conforto: e un po’ d’amore sarebbe il solo balsamo della profonda sua piaga, l’unico raggio di luce che potrebbe rianimare almen per poco la sua vita fuggitiva. Le illustri zie contesse, i titolati cugini, tutti gli amici di una volta la dimenticarono; non ve ne fu uno solo al quale bastasse l’animo di salire l’erta scaletta di legno che conduce alla sua soffitta. Passano le settimane, i mesi, l’autunno finisce, e s’avvicina l’inverno, il crudele inverno che miete la povera gente; e appena due o tre volte il medico del Luogo pio mise il capo dentro la porta della trista dimora. Una vicina, povera come lei, viene al mattino ed alla sera, e quando a pena il può le reca una tazza di brodo, tolta forse alla scarsa