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dipingevamo a gara con sì foschi colori. Di questo intendimento si vuol dare, per mio credere, somma lode al pittore, tanto più che pochi sono, anche oggidì, che osino svincolarsi da certe regole che non hanno fondamento che nel dispotismo di un’antica usanza. Così egli ha dimostrato che forte del proprio ingegno non ha bisogno dei mendicati ajuti di un’arte fittizia per piacere e commuovere. Questa smania di sopraccaricar le tinte per iscuotere più fortemente pur troppo è molto comune: i monumenti delle arti e delle lettere, anche di quei privilegiati che più salirono in grido, ne porgono continua prova. Ma io non so se veramente sia d’uopo eccitare i nervi a convulsioni febbrili per ricreare, toccare i cuori, istruir le menti; anzi oserei dubitare che quanto più le impressioni sono violente tanto meno le debbano durare, perché in fin dei conti ogni eccesso stanca, e l’illusione del falso cede il luogo dinanzi alla verità. Quando tu vedi una movenza di corpo, un espressione di volto, un gesto che escono dai confini del vero, puoi bene in su le prime restarne percosso, e tanto più fortemente quanto più per la sua stessa esagerazione quella vista ti riescirà nuova; ma alla fine, cessato quel primo senso di stupore, tu domanderai a te stesso se la natura si manifesti a quel modo, e tosto succederà in te un sentimento contrario al primo, un sentimento di dispiacere e di disapprovazione. Solo la semplice natura, come i cibi più semplici, non sazia mai; quello che varca i limiti del vero non può piacere a lungo, perché non trova corda che gli risponda nel cuore umano. So bene che anche nella natura sì corporea che morale occorre più d’una volta alcun che di eccentrico, che si scosta al tutto dalle regole generali, ma non è