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conclusione | 447 |
le tradizioni. Di quelle ho voluto, con questo libro, rendere popolari i pregi e le virtù, onde tutti sappiano donde e venuta la nostra Regina, quali secoli ce la tramandarono, dove la si vide un giorno sotto la parvenza di qualche sua antenata.
Ma qui finisce il compito assuntomi; e ben orgogliosa, come italiana, di potere affermare che le Principesse d’Italia sono tutte degne della nobile stirpe da cui provengono, o si sono innestate, lascio alla storia, e a coloro che questo tempo chiameranno antico, d’intessere il racconto della loro vita. Per noi ciò sarebbe inutile, sarebbe una vana ripetizione di quanto giornalmente ci si svolge intorno.
Tutti, fin’ora, in Italia, rammentano le solide virtù, le prove di suprema bontà e intrepidezza fornite alla patria dalla compianta Duchessa d’Aosta, Maria Vittoria, nata Principessa della Cisterna, prima moglie del Principe Amedeo, fratello di Re Umberto, rapitaci nel 1876, vissuta appena ventinove anni, e perennemente compianta e rimpianta dai figli e da quanti la conobbero, sia sventurata Regina sul trono di Spagna, sia sposa e madre felice nella Reggia d’Italia, sia giovinetta, ammirandola nel paterno palagio.
E tutti del pari conoscono, per un gentile riflesso, Maria Elisabetta di Sassonia, già moglie del Principe Ferdinando, fratello di Vittorio Emanuele nostro primo Re, Duchessa vedova di Genova; giacché la solitaria di Stresa non si manifesta pienamente che nelle virtù della figlia; e tutti amano e venerano in