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attaccatissima a questa fanciulla, e ciò fece riflettere assai Vittorio Emanuele, tanto più che, entrata la Principessa in convalescenza, la sola lettura di un articolo di un giornale che annunziava il ritorno a Torino di Maria Teresa, le cagionò una pericolosa ricaduta. Allora fu pensato di venire ad un temperamento, che serbando a lei i dovuti riguardi, offrisse alla figliuola un’educazione ed un collocamento convenienti alla sua nascita e alla sua posizione.

Così si effettuò lo stabilirsi della madre e della figlia alla Corte di Dresda, con un tenore di vita non più da semplici private, ma col decoro e coll’etichetta convenienti alla famiglia del futuro Re di Piemonte. Fu questo un sacrifizio che Cristina Albertina compiè per sua figlia, e non fu il solo, perchè Vittorio Emanuele la teneva a catena, e sempre doveva chiedere il permesso a lui quando voleva fare un viaggio! Però l’accoglienza ricevuta questa volta a Dresda la calmò, poiché tutta la famiglia e la Corte la trattarono con amorevole delicatezza, di cui rimase contenta e incantata. Ciò avveniva nel 1815, e di là la Principessa scriveva al suo antico maestro, col quale era sempre rimasta in corrispondenza: «Sono qui con mia figlia, carezzata, accolta dall’amicizia di tutta la mia famiglia».

Però essa pensava, a sbalzi, anche a suo figlio, e già occupavasi per ammogliarlo con una principessa di Sassonia, allorché quegli le fece sapere che la moglie voleva scegliersela a suo piacimento. Quella ri-