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crifizio fatto alla pace domestica, sarebbe così maggiore.

Anche spodestata, Maria Teresa rimase, si può dire, l’anima della famiglia, e scriveva fino a Carlo Alberto per consolarlo nell’esilio, tanto che Carlo Felice le fece dire per mezzo della moglie, di non impacciarsi altrimenti negli affari di Stato.

Ritirata a Nizza, visse alcuni anni non occupandosi che dell’educazione delle sue figlie, di cui in breve una delle gemelle, Maria Teresa anch’essa, si sposò al duca di Lucca. Poi nel 1824 fece appunto una gita colà, in un col marito e le due figlie rimastele, e vi era in progetto una lunga dimora a quella Corte, se non che Vittorio Emanuele, sentendosi molto ammalato, volle tornare improvvisamente nel suo Piemonte. Ritiratosi allora nel Castello di Moncalieri, ivi ad onta delle affettuose cure della moglie, morì il 10 gennaio 1825.

Spezzata così la dolce catena che l’aveva soavemente avvinta per tanti anni, Maria Teresa si sentì sola e desolata, e le ci volle tutto l’affetto delle figlie per sorreggerla, e andò con esse volonterosa a Genova per passarvi la vedovanza nel silenzio e nel raccoglimento. Del resto la di lei salute risentivasi oramai di tante scosse, ed un regime di quiete e di ritiro era quello che più le si con faceva per conservare una vita che, per lei, non aveva adesso che uno scopo, la sistemazione delle due figlie rimastele. Le fu perciò di una gioia immensa la richiesta