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donna infelicissima, e ludibrio di un marito spregevole. Da questo punto essa ci si delinea addirittura grande, sublime! Ora non è più la povera rassegnata al suo martirio, ma è la donna eroica che si sottopone volonterosa alle più dure prove, onde seguire, presso che sola, il marito nel disastroso viaggio; giacché egli, che potente l’ha ricoperta d’oltraggi, sventurato non ha onta di appoggiarsi a lei, e contare sull’influenza della di lei famiglia, ch’essa, non dubita, riuscirà ad impietosire.

L’inverno del 1077 fece un freddo rigidissimo, pure Gregorio si mosse dalla sua sede, e, scortato dalla famosa Contessa Matilde di Toscana, giunse fino a Vercelli. Qui seppe che Arrigo si trovava in Piemonte, e non sicuro del come a lui si presenterebbe, se con buone o cattive intenzioni, stimò prudente retrocedere e andare ad attenderlo, insieme alla Contessa, nella propria inespugnabile rocca di Canossa, sul Reggiano.

Quivi era un via vai di Vescovi e laici di Germania e d’altri paesi, che venivano ad implorare l’assoluzione della scomunica, e qui comparve anche Arrigo, in compagnia, come già sappiamo, della suocera e del cognato Amedeo II.

Ed anche Berta era là; essa non aveva voluto abbandonarlo in quel supremo momento! E in quei disastrosi tre giorni in cui scalzo, quasi nudo, sfinito, umiliato, egli stette intirizzito ad aspettare che il Pontefice volesse riceverlo, che cosa avrà sofferto la povera donna?