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to ed ingenuo, aggiungevano poi grazia al bel fiore che, come ha detto un suo biografo, sopravviveva al frutto. E tutti coloro che si sono occupati di lei, sono d’accordo a lodare quei belli occhi di una vivacità così soave, quella fronte d’avorio, quelle labbra di porpora, quell’ammirabile capigliatura bionda, che sciolta le cadeva fino ai piedi.

In quanto al morale della Principessa, ecco come ce lo dipingono M.rs de Goncourt, nella Histoire de Marie Antoinette: «L’anima della Principessa di Lamballe aveva la serenità del suo volto. Era tenera, carezzevole, sempre eguale, sempre pronta al sacrifizio, sottomessa fino nelle più piccole cose, disinteressata sopratutto. Dimenticando il suo titolo di Principessa, non dimenticava mai il rango della Regina. Nuora di un principe devoto, era sovranamente pia. Non vedendo il male, né volendo crederlo, si foggiava a sua immagine le cose e il mondo, cacciando ogni cattivo pensiero con la carità delle sue illusioni, e la sua conversazione teneva e cullava la Regina come nella pace e nella dolcezza di un bel clima. La sua stessa beneficenza, quella beneficenza infaticabile dei Penthièvre, che non respingeva mai gli sventurati, e fino quel suo parlare italiano nel quale erano state allevate la voce e l’immaginazione della Regina, tutto era un legame fra la Principessa di Lamballe e Maria Antonietta».

Anzi, In Regina, nel suo perdonabile egoismo, accortasi che l’amica preferiva alla Corte la vita ritirata presso il suocero, cercò, fra le attribuzioni che erano