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tuosa sollecitudine, ansiosi di ridurre in loro mano il comando e il giovane che doveva comandare. Essi riuscirono con inganno a strappare il figlio alla madre, e ad allontanare questa dal Regno; e alle suppliche di lei, chiedente invano giustizia, nulla rispondendo, la costrinsero a recarsi a Roma per chiedere l’appoggio del Pontefice tutore, e finì col ritirarsi in un convento, visto che neppure il Papa nulla otteneva da costoro. E alle ribellioni del giovane offrendo essi, a compenso di ciò che credeva aver perduto, d’iniziarlo ad una precoce ed eccessiva lascivia, riuscirono nel loro intento.

Ma come avviene di tutte le cose cattive, e compiute con cattive intenzioni, essi, ciò facendo, cooperarono al proprio futuro danno, giacchè il loro Imperatore, così coltivato, risultò un vizioso e un tiranno.

E mentre esso si abbandonava ad ogni eccesso, dimentico di tutti i suoi doveri, il fiorellino spuntato per lui, apriva i suoi petali delicati al sole della giovinezza, rammentando col suo olezzo, ai Grandi dell’Impero, l’impegno del loro signore.

Povera Berta! Quanto meglio sarebbe stato per te se essi l’avessero dimenticato! Ma forse speravano di porre, mercè tua un freno al dissoluto, e vollero mantenuto l’impegno. Povera Berta! Tu lasciasti la tranquilla dimora paterna, il tuo fiorito paese, le carezze della madre e dei fratelli, e muovesti a lui tutta speranza ed amore, tutta sorrisi e gentilezza, e non trovasti in cambio che freddezza e ripulsione!