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sebbene fosse un’anima candida, tutto carità e famiglia, aveva commesso lo sbaglio di tenere suo figlio ad un regime troppo severo, e nello stesso tempo troppo confidente.

Luigi Alessandro soffocava in quell’atmosfera patriarcale e monacale, e se ne sottraeva con ipocrita furberia. Il matrimonio non era stato per lui che una sosta da una vita di vizio e di avventure, che oramai neppure suo padre ignorava, e nella quale aveva già sacrificata, o almeno compromessa gravemente, la sua salute.

Ed il padre, che con la sua immensa carità l’aveva tolto da molti brutti impicci, e credeva ora di averlo redento coll’aiuto dell’angiolo che era entrato a rallegrare la sua casa, lo vide con sommo dolore, dopo appena due mesi di matrimonio, riprendere le sue vergognose abitudini, e giungere fino, dopo una serie di perdoni e di ricadute, a trasfondere nel casto angiolo un male che mai avrebbe dovuto colpirla, e a toglierle buona parte dei suoi diamanti per farne dono ad una amica.

Tanti eccessi non potevano durare a lungo impunemente, e la robusta costituzione di Luigi Alessandro ne fu finalmente doma. Nè scienza di medici, nè cure affettuose di famiglia valsero più contro la ruina. Maria Teresa, dimenticando, nell’eroismo della pietà e del perdono, l’affronto sofferto, spiegò in questa circostanza tutta l’ingenua tenerezza di cui era capace il suo buon cuore pur di salvare quel grande colpevole al