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anna maria d’orleans 285

Usciva, fortunatamente, illesa dalla città, dirigendosi verso Cherasco, prima stazione del penoso pellegrinaggio che intraprendeva, insieme alla suocera. Di lì, non essendo sicure, esse dovevano recarsi, mediante un lungo giro, a Savona, terra della repubblica di Genova, quindi, sopra galee genovesi, a Genova stessa. Viaggio doloroso, angustiato da pericoli e timori, per strade disagevoli, con poco seguito, spesso di notte, ed ora coi bambini, or colla suocera, ammalati.

In questi giorni di sventura, a Genova, Anna non si permise che delle visite ai monasteri, svago questo molto prediletto dalle principesse di Casa Savoia.

La prova peraltro non durò a lungo, in grazia dell’eroismo di Pietro Micca, e il 7 settembre, Vittorio Amedeo, felice per la vittoria che gli rendeva libera Torino, rientrava nella valorosa e fedele città, e di là subito richiamava presso di se la famiglia.

Questa vittoria, che feriva a morte il dominio francese in Italia, non ebbe per seguito la pace. Le ostilità continuarono ancora fino al 1713, anno in cui, finalmente quella fu conchiusa, ad Utrecht, e così denominandosi per la storia: ma la Duchessa, ancora Reggente, poteva vivere in una relativa calma, soltanto amareggiata dal dovere accogliere amorevolmente, proprio allora, due figli illegittimi del marito, da lui riconosciuti ed ammessi alla Corte. E verso di essi, non certo cattivi, essa fu un angelo, l’angelo della rassegnazione, quale del resto fu sempre durante tutta la sua vita. Però, i bollori del Duca, dopo quella scara-