Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
maria cristina di borbone | 221 |
sione all’espansione del fratello. Ma quando Richelieu, temendo che l’affetto fraterno accecasse il Re, si fece avanti, essa, alle di lui pretese, consigliata dal d’Agliè, non cedette. Adirato il Cardinale di non riuscire nel suo intento, le fece dal Re offrire la sua protezione a patto di avere in suo potere la Savoia, Mommeliano, e il Duchino per proteggerlo. Ma Cristina, grande in quel momento, rispose, che se era un buon scudo la protezione della Francia, molto migliore era il possesso di Savoia e Mommeliano, e che la più sicura guardia pel Duchino era sua madre.
Non vi era nulla da rispondere a quelle parole, è vero, ma.... la Francia gliele fece pagar ben care. Intanto il Richelieu volle provare a tentare il d’Agliè, facendogli delle splendide promesse. Il Conte però, che certamente aveva lui stesso consigliata la Duchessa, fu irremovibile a qualunque lusinga, e il Cardinale, sconfitto, gli giurò da quel momento quell’odio che doveva un anno appresso condurlo a ben triste sorte.
Tornata Cristina a Chambéry, senza nulla concludere, e spirata la tregua, furono riprese le ostilità; ma accortosi Richelieu che tutto stava nell’attendere, perchè il frutto da lui desiderato non era ancora maturo, consigliò la Duchessa a quella pacificazione coi cognati, ch’ei sempre le aveva impedita e che ora credeva utile alle sue mire.
Mentre si trattava la cosa, e Torino veniva rilasciata dal principe Tomaso, la città, felice del cambiamento, chiese il ritorno della Duchessa e le spedì a tale uopo inviati a Chambéry.