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monte, specie quando rientrati a viva forza nello Stato i cognati, sostenuti dalle armi di Spagna, al sollevarsi delle popolazioni che a quelle in massa si dichiararono favorevoli, essa riconfermò la lega con Francia, che sotto il pretesto di non poter contare sulla fede della truppa nazionale, pose il presidio in varie terre. Ed ecco gli spagnoli prendere occasione da ciò per marciare sopra Vercelli e conquistarla. Così trovavasi la Duchessa bersaglio delle due parti belligeranti, dei nemici cioè, e degli amici, i primi per nuocere, i secondi per ansia di preda, mentre afflitta da pene domestiche avrebbe avuto tanto bisogno di pace.

In un’ampia ed ariosa camera di quella splendida residenza che era il Valentino, in un bianco lettino tutto trine e fiori, sorretto da un’infinità di guanciali, il povero corpicciolo del Duchino Francesco Giacinto andava man mano scolorandosi e perdendo la vitalità. Il povero piccino, gracile sin dalla nascita, sofferente da lungo tempo, soccombeva per asma, rivolgendo alla madre, nelle brevi soste che gli dava il male, parole e frasi così sensate, di conforto e di rassegnazione, miracolose per un bambino appena settenne, e sorrisi e carezze ai fratellini, che avevano del paterno.

E Cristina, che amava quel fanciulletto del doppio e potente affetto della madre e della donna, il 3 ottobre 1638, sentì quel corpicino irrigidirsele fra le braccia, e sfuggirne l’anima nell’ultimo bacio a lei!

Il suo dolore, il suo strazio, furono immensi ; e ancora in lutto per il marito, raddoppiò le gramaglie, e