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zione di farsi comandare da alcuno, e non era ancora spirato Vittorio Amedeo, che a certi suggerimenti del maresciallo Créqui, essa rispose: «Voglio la mia libertà di agire», tanto che sul principio vi fu dubbio se essa avrebbe tenuto per Francia o per la Spagna.

Rimasta senza nessuna opposizione padrona di Vercelli, riconosciuta tutrice del figliuoletto Francesco Giacinto in età di sei anni, e Reggente per lui, ricevè gli ossequi della Corte e dei funzionari, e, secondo il costume, il giuramento militare della truppa che stava nei dintorni. Poi, scortata dalla cavalleria, s’indirizzò alla capitale.

Compiute tutte le cerimonie indispensabili, entrò in Torino acclamatissima, e preso quel comando che tanto aveva agognato fin da quando era Principessa Ereditaria, pensò subito che il miglior partito era quello di star d’accordo con tutte le potenze ; ma senza accorgersene era raggirata da Richelieu, che voleva minarle il terreno sotto i piedi. E se Luigi XIII, suo fratello, piegava la testa orgogliosa sotto la potente mano del Cardinale, poteva essa sperare di emanciparsene? Del resto, leggera e petulante (non aveva che trentun’anno), perspicace, ma non perfezionata ancora alla scuola della diplomazia, era facile a raggirarsi credendo raggirare, e il Cardinale ben l’aveva compresa.

Assidua nei misteri di gabinetto, tutto mescolava con molta devozione e pratiche di pietà; la religione però la intese a suo modo, secondo le idee del tempo; era convinta cioè che il male fatto si potesse compen-