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col cognato, ancorché Cardinale, nella Reggia; e colà, assistita da medici e da levatrici, attese che si accertasse l’avvenimento che poteva renderle potenza e splendore. Invece ogni speranza in breve si dileguò; e allora, siccome a Ferdinando la cognata era tutt’altro che indifferente, fu messa avanti l’idea di un matrimonio fra loro. Ma volendo Ferdinando consultare, oltre il cuore, anche i suoi ministri, ordinò un’adunanza generale, e il matrimonio fu proposto, discusso, e considerato con tutti i suoi vantaggi e con tutti i suoi danni. Questi ultimi risultarono prevalenti, temendosi l’indole dominatrice di Margherita, il carattere altero, e quella sua tendenza verso Spagna, così contraria alle inclinazioni dei maggiorenti mantovani, che si volgevano a Francia, e l’idea fu respinta.

Risultato impossibile anche questo accomodamento, Carlo Emanuele richiamò la figlia presso di se, e voleva che essa conducesse seco la bambina, essendo questa ancora in troppo tenera età, per venir tolta alla madre. Ma Ferdinando, tutore naturale della nipote, non la intendeva così, e pure acconsentendo a che la cognata tornasse, se le piaceva, presso il padre, andò a Goito a prendere la fanciullina e, condottala a Mantova, la rinchiuse in un convento, raccomandandola caldamente a quelle suore.

Margherita, colpita al cuore da quell’atto crudele e ingiustificato, tornò in Piemonte, e oh, come derelitta! Ella ne era partita alcuni anni avanti, sposa acclamata e festeggiata, con un brillante avvenire dinanzi a sè,