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Feconda di virtù non meno che di prole, dice il Muratori, amantissima dei figli, Caterina, in dodici anni di matrimonio ne aveva già dati nove al Duca, cinque maschi e quattro femmine, e stava per dare alla luce anche il decimo, che fu poi una bambina, Giovanna, morta dopo poche ore dalla nascita, quando circolò alla Corte una terribile notizia. Si diceva, niente meno, che il Duca, il quale guerreggiava allora contro la Francia, fosse morto alla testa dell’esercito; e questa voce, venuta all’orecchio di Caterina, le recò tal colpo, e sì improvviso, che si ammalò in modo prematuro. La Duchessa si estinse infatti colla neonata il 7 novembre 1597, e negli ultimi sospiri andava ripetendo «Il Duca mio signore è morto!»

Tale e tanto era l’affetto fra questi due coniugi, che Caterina, più che per le sue molte virtù, è specialmente rammentata pei versi affettuosi che ispirò al marito, il principe più colto e di più fino gusto letterario che vanti nel, passato la Casa Sabauda.

Quando Carlo Emanuele ebbe la notizia della di lei morte pietosa, fu scosso, colpito, e dal campo lontano ove si trovava, volò a Torino per rivederne almeno le sembianze.

Fu lieve conforto al suo profondo dolore l’occuparsi delle pompe funebri, che volle sontuose, e per le quali disegnò egli stesso gli apparati, con motti affettuosissimi e nodi d’amore. E pensando, in quei lugubri giorni che il tenere sempre su di sé l’immagine di lei sarebbe un sollievo al suo strazio, fece eseguire un gioiello per