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Ora anche Ginevra gli si preparava chetamente alla ribellione, fomentata la Svizzera dalla nuova setta religiosa che andava dilagando. Beatrice fu la prima ad accorgersene e ad avvertirlo, mentre egli era là sperando di ricondurre la fuorviata città a più miti consigli.

Nondimeno, conchiusa la pace di Cambrai, sperarono i Duchi che il Piemonte sarebbe liberato dagli stranieri, e già anticipatamente la Duchessa faceva al marito l'enumerazione dei vantaggi che ad essi avrebbe portato quella riconciliazione, quando si accorsero essere il loro un vano calcolo, poiché le truppe spagnuole e francesi ridiscendevano indisciplinate a tutto loro agio nel Ducato, e continuavano la rapina.

L'ardita e vivace Beatrice, stava già per implorare l'appoggio di suo fratello, il Re di Portogallo, quando sorse in lei la speranza di potere ottenere altrimenti un compenso pei mali sofferti. E ciò fu in occasione della incoronazione di Carlo V, che doveva aver luogo a Bologna il 2 febbraio 1530, per mano del Papa Clemente VII. Convenivano a tal cerimonia tutti i principi italiani, e Carlo III, pur deciso di andare, non cambiò la sua fatale politica, e ne avvisò prima la Corte di Francia. Beatrice vi andò per suo conto, e mentre Carlo chiedeva il frivolo e fallace regno di Cipro, essa chiese meglio, e cosa più sostanziale, giacché Cipro venne concessa, ma era e rimase in mano ai Veneziani, che non si diedero per intesi di tal concessione. Essa invece, che aveva bravato lo sdegno di