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luisa di savoia | 139 |
sicurò le frontiere, e subito pensò a commuovere Enrico VIII d’Inghilterra in favore del prigioniero. Ottenne l’intento e seco lui si collegò. E dopo avere interessato del pari, alla sorte di Francesco, tutti i principi cristiani e europei a cui sapeva di potersi rivolgere, giunse fino a chiedere l’aiuto di Solimano, il nemico mortale di tutti i cristiani; tentativo di cui la storia non aveva fin allora offerto nessun esempio, ed egli aveva promesso soccorsi. Ma intanto essa aveva da lottare anche con pericoli pressantissimi. La prigionia del Re aveva fatto credere in varie città di essere traditi, sicché gli abitanti si armavano e si sollevavano; i briganti e i malfattori approfittavano dell’effervescenza e commettevano infamie e bricconate, e nelle alte classi ferveva un grande scontento. Luisa, che sapeva di non essere molto amata, compiendo un atto di, astuta politica, chiamò a Lione il Duca di Vendóme, su cui tutti speravano, lo mise alla testa del governo, al quale fece pure partecipare la figlia Margherita, che il popolo idolatrava, e forte di questi appoggi riuscì insensibilmente a calmare un fermento in principio spaventoso. Quando tutti i malcontenti ebbero ripreso i loro doveri, essa non ebbe più ad occuparsi che della liberazione del Re.
Carlo III di Savoia, dolente anche per le conseguenze che potevano derivare da quella prigionia, aveva inviato alla sorella Reggente un ambasciatore straordinario, offrendole i suoi servigi. Essa, commossa, lo invitò ad un abboccamento a Lione. Vi andò il Duca,