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pitale, e diè impulso ed aiuto alla coltivazione dei bachi da seta, industria nascente allora fra noi.

Sopraggiunta la pestilenza del 1493, la Reggente, come madre e come tutrice, sentì il dovere di allontanarsi da Torino, e si trasferì ad Ivrea, ma raggiunta in breve dal morbo, passò di lì a Vercelli.

Fu durante il suo soggiorno in questa città, che Bianca, consigliata anche dallo zio Filippo, venuto ivi a visitarla da Chambéry, ove teneva ora quasi abituale residenza, si decise a malincuore ad accordare a Carlo VIII il passaggio pel suo territorio per scendere alla conquista di Napoli. E il 4 luglio successivo tornava a Torino, costretta ad apparecchiarsi a ricevere degnamente e col sorriso sul labbro il non desiderato ospite. Ma come opporsi a quella discesa lei sola, circondata da potenti che o la desideravano o erano indifferenti? Quanta fermezza, quanta abilità, quante preoccupazioni costò a questa donna la spavalda impresa di Carlo VIII! Pure ne uscì meglio che potè, e mantenne intatto in quell’anno di trionfi francesi il possesso del figlio, e non riacquistò la calma se non quando Carlo, vinto, ebbe ripassate le Alpi, il 23 ottobre dell’anno appresso. E mentre aveva raccomandato sempre ai suoi ministri di non precipitare i suoi ordini, quando v’era dubbio che l’importunità o l’inganno li avessero strappati alla sua indulgenza, o alla sua giustizia, esercitava saggiamente l’autorità sovrana, essendo riuscita a conservare l’amicizia della Francia, senza dispiacere ai potentati d’Italia.