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Bianca aveva intrapresa nel castello di Torino una vita modesta e ritirata, quale anche si confaceva al suo stato. Circondata dalle sue damigelle, servita da pochi gentiluomini, passava il tempo a ricamare, a decretare elemosine, messe e preghiere. Un solo concerto fu tenuto negli ultimi giorni di carnevale; indi succede la quaresima austera e rispettata.

E intanto si facevano i preparativi per l’ingresso nel mondo del futuro principe. Nato il fanciullo, le feste e le luminarie non furono risparmiate, e più di tutti esultò Torino, che da qualche anno si vedeva, con sua immensa soddisfazione prescelta a dimora ordinaria dei Duchi, e cominciava ad assumere dignità ed aspetto di capitale, a detrimento dell’emula Chambéry.

Il battesimo ebbe luogo il 2 agosto, con grande solennità, e così ritardato per dar tempo di giungere ai rappresentanti degli illustri padrini, e per far loro onore. Il bambino ricevè i nomi di Carlo, Giovanni, Amedeo: il primo dal padrino Carlo VIII, il secondo dal santo del giorno in cui nacque, il terzo dall’avo, la cui santità era stata in quei giorni riconosciuta a Roma.

Il Duca non fu presente al battesimo. Affari di Stato lo trattennero al suo ritorno in Savoia, e non rientrò in Torino che il 29 agosto, accompagnato dallo zio Filippo di Bressa, col quale erasi riconciliato ad Amboise.

In settembre Carlo presiedè in Torino la riunione