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lanza del fratello, per preparare a sè ed ai suoi figli il diritto indiscutibile al Ducato di Milano.

Ma la Duchessa aveva anche il suo progetto, che scusava la sua apparente colpa. Essa conosceva oramai troppo bene Lodovico, e l’ambiziosa moglie di lui Beatrice d’Este, per non comprenderne i disegni; e non si era ritirata in monastero per una speciale attrazione alla vita claustrale! No, essa si era ivi rinchiusa per raccogliersi ed attendere: infatti, quando comprese che le sarebbe stato facile di eludere la sospettosa sorveglianza del Moro, essa uscì celatamente dal suo ritiro, e riuscì a passare in Francia.

Sperava indurre il cognato Luigi XI ad occuparsi dei suoi casi e di quelli della sua famiglia, e a farsi rendere giustizia contro Lodovico. Ma il momento non era opportuno, che Luigi, oltreché nel suo egoismo non sarebbe stato disposto a prendersi delle brighe per lei, era ornai sì ammalato e sì avvilito dai timori cagionatigli dai suoi crudi rimorsi, che non riuscì a nulla ottenere; e morto Luigi essa si trattenne ancora ad Amboise fino al dicembre, poi, spirata la Regina Carlotta, rientrò negli Stati del figlio in grazia dell’intervento della Reggente di Francia, sua nipote, e vi venne onorevolmente accolta.

In questo frattempo Bona ebbe una nuova causa di dolore e di apprensione. Era morto Filiberto di Savoia, fidanzato alla sua figlia maggiore Bianca, e temeva pel destino di quella fanciulla, oramai in mano allo zio. Ritiratasi perciò di nuovo ad Abbiategrasso,