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aiuti per mantenerla al suo posto insieme col figlio: insomma essa ebbe in mano le redini dello Stato senza nessuno ostacolo, neppure dal di fuori, e si sperò dalla sua mitezza un periodo di pace e di tranquilla felicità.
Ma sebbene assistita dai consigli del buon politico Francesco Simonetta, segretario e ministro, prima del suocero, poi del proprio marito, Bona non potè lottare a lungo con le mire e l’ambizione dei cinque fratelli di Galeazzo, che volevano partecipare alla Reggenza. I primi quattro, tra cui era Lodovico detto il Moro, che avevano già risvegliata la diffidenza del Duca, che li teneva lontani da Milano, si affrettarono a ritornarvi, dicendo che l’autorità di governo, spettava, per allora, più ad essi che ad una femmina e ad un ministro straniero, e ciò perchè il Simonetta era calabrese.
Non terremo dietro ai maneggi e alle guerre cui la morte di Galeazzo originò, e che tutti i trattati di storia registrano, e limiterò il mio racconto ai casi di Bona, come è il mio compito.
Essa, forse per inesperienza, o per qualche altra causa, che la vita passata col marito non scusa, ma attenua, si era fatta il suo confidente di un certo Antonio Tassini ferrarese, elegante vanesio, datole prima dal marito per cameriere, che geloso della potenza del Simonetta, e pretendendo di scavalcarlo, si era in qualche modo accostato ai cognati di Bona, e quindi era riuscito a farsi da lei istallare a Corte.