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impresa), era dispostissimo ad aiutarlo; del che informato Carlo VII, spedì un araldo a Chambéry coll’intento d’impedire, colle buone, questo sopruso. Se non che, il tristo suo figlio, insieme ad un favorito del Duca di Savoia, aveva prese tutte le precauzioni, e appena giunto l’araldo, fu trattenuto a discorsi, e non fu fatto entrare presso il Duca che a cerimonia finita.

E Lodovico, assicurato dal Legato Pontificio, o comprato, o ingannato dall’intrigante Delfino, che Carlo VII era stato poi contento del parentado, non conobbe che allora la fiera opposizione del Re di Francia. Così, mentre la fanciullina che avevano allora sì stupidamente sacrificata, tornava ignara ai suoi giuochi e ai suoi spassi, godendosi gli ultimi istanti di felicità che avrebbe provato sulla terra, il padre e lo sposo dovettero rispondere dell’accaduto dinanzi a Carlo VII. Il quale, vivamente offeso da quel fatto, e da lungo tempo dissimulando tutte le occasioni di scontento che gli porgeva la Corte di Chambéry, così favorevole al Delfino nella sua ribellione, si determinò allora a far sentire a Lodovico gli effetti tutti del suo risentimento e a dichiarargli la guerra; contemporaneamente le sue truppe marciarono verso il Lionese.

Ma il Duca Lodovico, sapendosi troppo debole per respingere un sì formidabile nemico, si affrettò a scongiurare l’uragano, inviando ambasciatori al Re, incaricati di esporgli le cose sotto i colori più favorevoli, e quindi si recò egli stesso a Feurs, a quattro leghe da