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Giovambattista Gelli
a Francesco di Sandro amico suo carissimo.
Infra tutte le arti, Francesco mio honorando, che ànno ritrovate gli huomini così per necessità e per potere bene et agiatamente guidar la vita loro, come per cavarne qualche piacere e qualche delettazione, furono sempre in grandissimo pregio e molto stimate l’architettura la scultura e la pittura, l’una come al tutto necessaria e l’altre1 non solamente come delettevoli, ma come utili ancora, con ciò sia cosa che con le loro opere si rapresentino inanzi agli occhi de’ mortali le immagini di coloro che per le loro virtù sono stati onorati et avuti in grandissima venerazione, et di quegli similmente che per i loro vizii sono stati biasimati e avuti in dispregio; la qual memoria ai buoni et saggi è uno sprone pungentissimo che con lo amore de le virtudi gli spigne a alte et gloriose imprese, et agli stolti uno freno che con il timore della pena gli ritiene da il male operare. Queste arti furono da i Romani ne le loro maggiori felicità e grandezza molto aprezzate, nel quale tempo (secondo che fanno fede le riliquie de’ maravigliosi edificij che ancora oggi si veggono in Roma, e le statue, e
- ↑ Ms. altra.