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trascrizione, nè di riempire le diverse lacune lasciate dal secondo copista non riuscito sempre a decifrare il carattere dell’Autore.
Credei superfluo annotare le vite, e rispettai l’ortografia dei due copisti riscontrandola in generale simile a quella adottata dal Gelli nei libri suoi dei quali corresse le prove di stampa. Soltanto completai poche parole (figluolo, maravigla, miglor, piglar, vogla), soppressi le consonanti inutilmente raddoppiate (parlla, suppreme, torssi, partte, sortte, artti, Gotti, contto, mortto, ec.), o aggiunte per unire l’articolo ad altra parola (afFaenza, apPisa, arritrarre, assimile, ec.). Mi permisi tali correzioni perchè i due copisti qualche volta scrissero correttamente le medesime parole.
Considerata la scarsezza delle antiche scritture artistiche spero che riesca gradito l’opuscolo, per quanto non terminato, del Gelli, il quale credo che sul rinascimento delle arti, intendesse rinnovare la leggenda popolare tanto diffusa a Firenze nei secoli XV e XVI intorno al trionfo della lingua volgare per opera esclusiva delle tre corone fiorentine Dante, Petrarca, Boccaccio. Discorrendo della risurrezione delle arti, il Gelli alle corone sostituì gl’ingegni fiorentini primi nel ritrovare la pittura di già perduta, e che trapassarono tutti gli altri et di numero di gran lunga e di eccellenza ancora. Giotto risuscitò la pittura: le tre arti maggiori toccarono quasi la perfezione in virtù della triade quattrocentistica Ghiberti, Brunellesco, Donatello, e raggiunsero l’apice mercè Michelangelo principe, ed inarrivabile professore delle tre arti, mentre i più e migliori artisti furono fiorentini. Alle persone, alla valentìa, alle mi-