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Appendice | 287 |
L’offensore e l’offeso, come chi li rappresenta, debbono attingere nel sentimento stesso dell’onore, rettamente inteso, e nei legami che avvincono gli animi della grande famiglia militare, unita nella comunanza di un altissimo scopo, la coscienza di tale dovere.
Tanto è generoso l’atto di chi, dopo aver trasceso verso un compagno d’armi in un momento in cui minore era la serenità dello spirito, manifesta, con lealtà di soldato, il rammarico dell’offesa recata, quanto quello di chi accetta, con pari lealtà, la mano che gli viene stesa. L’uno e l’altro hanno benemeritato di quei sentimenti di fratellanza e di solidarietà, che concorrono a costituire la saldezza dell’esercito e dell’armata.
Art. 2.
Qualora non riesca possibile comporre la vertenza, è obbligo dei rappresentanti di deferire questa al giudizio di un Giurì d’onore, da costituirsi nel modo indicato negli articoli seguenti.
La violazione di quest’obbligo costituisce mancanza disciplinare.
Art. 3.
I quattro rappresentanti redigono e firmano una relazione sui fatti che hanno cagionato la controversia e richiedono che il Giurì si pronunci sulla vertenza. Qualora i rispettivi rappresentanti non siano d’accordo sopra taluni particolari dei fatti, i rappresentanti di ciascuna parte redigono e firmano una relazione propria.
Se le parti, quando la vertenza sia sorta per una gravissima offesa, non intendono far noti i fatti, i rappresentanti debbono farne cenno nella relazione.
Art. 4.
La relazione o le relazioni, chiuse dai rappresentanti in un unico piego con l’indicazione all’esterno del grado